Le lacrime dei giocatori dell’Inter, e l’abbraccio commosso di un San Siro tutto nerazzurro, sono la cosa più bella che potevamo immaginare di vedere in uno dei peggiori pomeriggi degli ultimi anni.
L’orgoglio della tifoseria interista e della squadra è la miglior medicina ad un finale di stagione deludente. In altri stadi, magari mezzi vuoti, si sarebbero sentiti soprattutto fischi. Ma noi siamo l’Inter, e noi lo stadio lo riempiamo anche all’ultima giornata di un campionato dove siamo matematicamente decimi.
Finché ci sarà la forza di commuoversi per l’Inter, tutto sarà superabile. Perché la delusione si tramuta in orgoglio, in senso di appartenenza. Vedevo i giocatori sotto la curva, e non potevo che sentirmi parte di quel moto di orgoglio, di quella sensazione. E, anche se la prossima stagione non sembra nascere da auspici migliori di questa, il desiderio è che cominci il prima possibile. Magari il giorno dopo.
Intendiamoci, nonostante l’epilogo triste è difficile dire che non ci sia stato proprio nulla da salvare. Si può definire agrodolce, ecco, ma tutto fuorché un completo disastro.
In fondo sei arrivato secondo per un soffio, e tantissime volte la sfortuna si è messa di traverso. Difficile trovare un’annata dopo il 2003 con così tanti episodi sfortunati concentrati. Hai mancato di poco il bersaglio grosso, ma almeno stavolta due piccoli trofei li hai portati a casa.
L’autogol di Radu è stato il più eclatante ed indimenticabile, ma siamo stati penalizzati dagli errori individuali in tanti momenti della stagione. Nei due derby di campionato ad esempio, come i rigori sbagliati da Lautaro e l’autogol di de Vrij, ed i goffi interventi di Handanovic nella gara di ritorno. Ma anche altri momenti sono andati storti, come il rigore di Dimarco con l’Atalanta, o il ritorno a Bergamo. La lista dei rimpianti potrebbe continuare, ma non aggiungerebbe nulla.
Quando gli episodi storti sono così tanti, resta l’imbarazzo della scelta. Riguarderemo indietro pensando a quanto poco ci è mancato perché fosse un anno memorabile. Ma pazienza.
Bisogna saper perdere, e bisogna saper vincere (cosa che ieri sera i giocatori del Milan hanno dimostrato di non saper fare). A noi resta la sportività, e anche se non puoi appendertela in camera, è un tratto distintivo dal quale non si può prescindere.
E anche se in questa stagione la sorte ci ha voltato le spalle, noi non le voltiamo all’Inter. La commozione di domenica dimostra che il calcio non è solo vittorie: per noi dell’Inter è molto di più.
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