Inter is not here

L’eliminazione dell’Europa League è la pietra tombale sulla stagione dell’Inter. Resta il quarto posto da raggiungere, vero, ma è solo l’obiettivo minimo per salvare la faccia, che è una cosa ben diversa dalle aspettative. Perchè questo doveva essere il primo vero anno uno, ed è invece non è stato diverso dal Mancini bis o altri goffi anni zero post 2011. Molti slogan ben auguranti, da Riveder le stelle all’hastag #Interishere, ma la verità è che l’Inter non è qui, e ad oggi è impossibile capire se tornerà mai.

Per inciso, chiaro che nessuno esigeva la vittoria dello Scudetto o della Champions League, ma anche solo il vedere un passo in avanti. Qualcosa che facesse intravedere una qualche forma di crescita. Ed invece ennesima eliminazione ai quarti di Coppa Italia, seppur ai rigori, e rovinosa eliminazione contro una buona squadra tedesca in Europa League (come nel 2015). Evito di spendere altre parole sui gironi di Champions, queste bastano.

La sconfitta contro l’Eintracht brucia, e la lunga serie di indisponibili di ieri non sono un’attenuante, semmai una conferma. L’Inter è arrivata a giocarsi la stagione con due casi emblematici: un ex capitano che si rifiuta di allenarsi, e il centrocampista su cui hai puntato tutte le fiches sempre rotto, probabilmente per gli sforzi tra discoteca e alcolici.

Questo non toglie anche una bella sana dose di naturale sfiga, come il non aver nessun attaccante maggiorenne a disposizione, l’unico centrocampista in grado di dettare il gioco infortunatosi domenica scorsa, ovvero Brozovic, e il giocare con un fracco di giocatori scarsi, fuori ruolo e infortunati o giù di lì (Candreva, Perisic, D’Ambrosio, Politano).

Ma tutta questa serie di buone ragioni non basta a diminuire il senso di rabbia e delusione. Perchè se è vero che D’Ambrosio è un giocatore dalla mediocrità certificata, è altrettanto inaccettabile che giochi da mesi con le infiltrazioni (e spesso non nella sua fascia naturale), quando Icardi, il tuo giocatore più pagato e importante, è a casa senza che la società nemmeno lo multi, per paura di andare alle vie legali e perderlo a zero. Perchè D’Ambrosio, e altri, ieri il cuore lo hanno messo, anche se non è bastato, mentre chi poteva fare la differenza ha dimostrato di non averlo. Non è mio interesse difendere Nainggolan, ma quando il belga ha sbagliato la multa è arrivata subito.

Ed è per questo che l’Inter non è qui. Questa società non è all’altezza nè del compito nè del nome che porta. Questo vale sia per il desaparecido Ausilio che per il nuovo Marotta. Quest’ultimo, accolto da molti come un Messia, viste le dilettantistiche gestioni dei casi Perisic e Icardi, mi sembra lontanissimo dall’essere la soluzione. Chiaramente anche Spalletti ha responsabilità evidenti, in questo sfacelo, ma non ne ha più di altri che, nell’ombra, lo usano come scudo alle loro colpe.

Le mie sensazioni positive della fine della scorsa stagione sono ormai svanite, e sono ormai rassegnato ad un lunghissimo purgatorio. Spero di sbagliarmi, e spero anche che questo post possa essere smentito dai fatti già dalla prossima stagione. Ma ad oggi non ci sono le premesser per potersi illudere.

Nel frattempo, teniamoci pronti ad una nuova rivoluzione a giugno, che sarà più o meno sanguinaria in base al raggiungimento del posto Champions League. Teniamoci pronti soprattutto alla possibilità di accogliere altri esponenti bianconeri come Antonio Conte. Del resto sta tornando la moda di copiare le scelte dei retrocessi, come se chi vince sia un uomo superiore e dotato di chissà quali doti nascoste. Ma in fondo una buona parte degli interisti è così scottata dalle delusioni da essere disposti a dimenticarsi chi è l’uomo, la sua storia e quanto dovrebbe far vomitare anche il solo accostamento ai colori nerazzurri.

Mikhail
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Mikhail
Cintura nera di interismo da sempre, fonda Progetto Inter come angolo di sfogo, insieme al fratello Alessandro. Orfano di Christian Eriksen, ma sicuro che Inzaghi non possa mai essere più indisponente di Antonio Conte.