Luciano Spalletti non è un allenatore banale. Non è, soprattutto, un uomo debole. Il suo arrivo all’Inter di due anni fa era accompagnato dalla celebre frase pronunciata in tv ai tempi della Roma: “Uomini forti, destini forti”. Un motto ironizzato da molti, anche da noi di Progetto Inter, che ci scherzavamo su per esorcizzare la paura di un ennesimo fallimento nella culla a seguito dell’ennesima rivoluzione in panchina e non.
Oggi, a due stagioni di distanza, non sappiamo ancora se il nostro destino sia – e soprattutto sarà – forte o no. Ancor meno se lo siano gli uomini che indossano e rappresentano i nostri colori. Sappiamo però con certezza che forte lo è lui, il mister. Non solo perché ci ha portato in Champions per due anni consecutivi dopo tanti, troppi anni. E nemmeno solo per il suo carattere toscano, schietto e diretto. Lo è per la dignità e la professionalità con la quale ha affrontato, nel corso di questa stagione, attacchi gratuiti da parte della stampa e, ahinoi, anche da chi doveva essere forte al suo fianco. Quella stessa dignità con la quale ha affrontato e sta affrontando in queste ore un lutto familiare, al cui dolore ci uniamo.
Nelle ultime giornate del campionato la frustrazione per le prestazioni nerazzurre sono state molte. E, personalmente, non nascondo di aver pensato che la pareggite che ci aveva colpito nelle sfide decisive con Atalanta, Roma, Juventus e Udinese, fosse in qualche modo attribuibile all’incapacità del mister di toccare le corde giuste dei nostri.
Cosa che era riuscita bene invece in altre occasioni, dal finale thriller dello scorso anno con la Lazio ai due derby di quest’anno, passando per le prime partite del girone di Champions. Ma oggi – a mente fredda, con il battito tornato più o meno regolare dopo i diversi infarti di Inter vs Empoli – mi rispondo che più di così mister Spalletti non poteva fare.
Non con una squadra che in certi momenti sembrava più concentrata a mettergli i bastoni fra le ruote che a remare dalla stessa parte. Dalle lamentele del padre di Lautaro ai mal di pancia di Perisic, passando per lo scarso feeling con l’.a.d. Marotta e la gratuita – e certamente non necessaria alla causa interista – grana Icardi.
Dal passare a dover guidare un gruppo coeso, entusiasta per l’esser tornato a riveder le stelle della Champions, Spalletti si è trovato a dover fare da balia a un ambiente a tratti isterico, capriccioso e fuori di senno. Inutile dilungarsi sui perché e sui come, le storie sono ormai ben note.
Rimane solo da dire un enorme grazie a Spalletti per essere stato capace di parare colpi su più fronti.
Non si meritava il trattamento indecente della stampa nel mettere in discussione la sua panchina. Così come l’ammutinamento del numero nove nel momento decisivo della stagione. Ma soprattutto la solitudine alla quale è stato costretto nel traghettare la squadra verso l’obiettivo stagionale. Riveder nuovamente quelle stelle che vogliono dire crescita e stabilità economica oltre che sportiva.
La stagione poteva andare sicuramente molto meglio, ma anche decisamente peggio per come si erano messe le cose a febbraio. Abbiamo lottato contro noi stessi e a mantenere i nervi saldi è stato colui che la prossima stagione non sederà sulla nostra panchina. Probabilmente l’unico ad aver messo, prima di tutto, l’Inter
Grazie mister, il tifo interista non dimentica.
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