Sono ormai tre anni che Massimo Moratti ha ceduto le quote di maggioranza dell’Inter, cessando così di esserne il presidente. Una situazione alla quale il tifoso interista si era abituato, il cambiamento societario nel 2013 era stato il meno drastico possibile, stesso allenatore voluto da Moratti al comando (Mazzarri), stessi dirigenti confermati sul piano sportivo (Branca e Ausilio), e sempre l’immancabile Massimo ad agire nel ruolo di consigliere per Thohir. Di ben altra portata sembra essere il nuovo, ed ennesimo, stravolgimento societario in casa nerazzurra, Thohir vende la maggioranza delle quote a una società cinese e, cosa meno importante per quanto concerne il quadro societario ma dall’indubbia portata storica, Moratti lascia ogni incarico ricoperto all’Inter. Un addio che si consuma in modi diversi dai quali molti si aspettavano tanto tempo fa, non innescando la successione naturale, che avrebbe visto il figlio di Massimo prenderne il suo posto, ma un’uscita di scena non più da protagonista che chiude definitivamente un’epoca cominciata più di vent’anni fa.
Impossibile mettere in dubbio la passione che ha Moratti per i colori nerazzurri, una passione che gli è costata cifre folli e difficili da quantificare, e che come sappiamo ha anche portato l’Inter ad aver raggiunto traguardi irripetibili. Quella del Moratti presidente è quasi una figura retorica ormai, ovvero il patron che ha messo l’interesse della sua squadra e dei risultati sportivi davanti a quello del patrimonio personale, nella miglior tradizione di famiglia, come suo padre Angelo prima di lui. Dell’epoca morattiana si è detto tutto, dall’inizio carico di aspettative da parte dei tifosi, per via dei precedenti trionfi del padre, agli anni avidi di soddisfazioni ripagati con gli interessi successivamente, fino al declino culminato con il nono posto e la cessione del club a un imprenditore straniero.
La stampa sportiva italiana possiede una certa abilità nell’inventarsi ruoli dirigenziali all’interno della società nerazzurra: quello previsto per Moratti, nella nuova Inter targata Suning, era Gran Consigliere. Un compito che sarebbe spettato all’ex presidente sulla base della sua conoscenza del territorio, e detta così potrebbe quasi sembrare la proposta per un assessorato più che un discorso manageriale su una squadra sportiva. Moratti non ricoprirà altri incarichi né ci è dato sapere per qual motivo ci saremmo dovuti aspettare il contrario, dato che l’Inter non è più di sua proprietà, avendola ceduta proprio per non essere più in grado di provvedere alla necessità della beneamata. Ma se vogliamo dirla tutta, un compito simile l’ha ricoperto durante la presidenza di Thohir, si può dire che sia stato all’altezza, e che abbia fatto da ariete che aprisse le porte della conoscenza all’indonesiano, almeno per quel che concerne le meccaniche del calcio italiano?
Tralasciando le storie che potrebbero essere frutto della creatività dei giornalisti, cioè quelle che raccontavano di un Moratti che mal sopportasse Thohir, e che l’ostilità fosse contraccambiata, ci sono esempi concreti che fanno capire che, per un motivo o per l’altro, non è l’ex presidente meneghino la figura più adatta per ricoprire un simile incarico. Mettiamo da parte il passato da presidente di Moratti, le sue campagne acquisti sontuose, o il suo essere una sorta di padre dei giocatori con il risultato di viziare molte volte le innumerevoli stelle che lui stesso ha acquistato. Se torniamo indietro nel tempo giusto di un anno e mezzo, all’incirca nell’ottobre 2014, ci ricorderemo della guerra fredda tra Moratti e l’ex allenatore Walter Mazzarri. Quest’ultimo stava offrendo risultati via via sempre più deprimenti con il passare delle settimane, e l’ex patron trovò opportuno ricordare i suoi trascorsi con gli altri allenatori esonerati in passato, facendo quindi capire che Mazzarri al momento poteva ritenersi fortunato. La tempistica non fu delle migliori, Mazzarri disse che aveva cose più importanti da fare che rispondergli (probabilmente troppo impegnato nella meticolosa ricerca di nuove e brillanti scuse) e questo stizzì ulteriormente l’ex presidente. Pur concordando con Moratti che l’esonero di Mazzarri in quel momento storico era più un atto dovuto che una scelta impopolare, le parole erano decisamente dette al momento sbagliato: sarebbe stato meglio fare cerchio attorno alla squadra e al suo mister, piuttosto che mettere ancora pressione a un allenatore già bravo di suo a crearsela.
Non fu l’unico caso di fuoco amico da parte sua, per questa stagione si possono annoverare una serie di interviste dove critica in maniera ambigua (morattiana per intenderci) l’operato di Erick Thohir, reo di non aver speso abbastanza per rafforzare l’Inter. Le accuse rivolte all’indonesiano possono ritenersi quantomeno ingiuste, in una stagione dove di certo il mercato estivo non è stato di basso profilo, e se proprio si vuole incolpare Thohir di qualcosa per il campionato appena concluso, è stata quella di aver accontentato ogni pretesa dell’allenatore in ogni momento della stagione. Anche a gennaio, quando a tutti i costi è stato richiesto Eder, malgrado non vi fossero le motivazione tattiche per una simile scelta di mercato. A mettere il carico assieme al marito ci si è messa recentemente anche la moglie Milly, ribadendo che l’indonesiano non aveva capito l’Inter. Sarà lo stesso Massimo a rincarare la dose, ammettendo di aver fatto molta fatica a lavorare con Erik Thohir.
Nonostante i problemi causati dagli ultimi anni di presidenza morattiana, terminati con la disastrosa stagione 2012-2013, è comunque doveroso rivolgere i nostri ringraziamenti per la dedizione con cui l’ex patron ha sposato la causa nerazzurra, riscontrabili anche nei momenti meno esaltanti della sua lunga permanenza all’Inter. A Moratti si può dire solo grazie, ma è il caso che l’Inter ora si rivolga altrove per attuare un cambiamento dirigenziale non solo sul lato finanziario, come fatto sotto la presidenza di Thohir, ma a 360°. Pur comprendendo gli slogan che negano l’esistenza di un’Inter senza la famiglia i Moratti, in quanto i principali successi della beneamata sono indiscutibilmente legati alla suddetta famiglia, bisogna comunque cambiare pagina, proprio per il bene della società. Non è il tempo per esternazioni scioviniste che vogliono l’Inter agli interisti, perché di questi tempi è bene sapersi accontentare. I cicli finiscono, sia quelli di una singola squadra di calcio, che di un qualsivoglia presidente, e quello di Massimo Moratti è giunto al termine, non resta che sperare che ciò che ci attende non ce lo faccia presto rimpiangere, neanche come consigliere.
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