Mancini indica la luna, i tifosi guardano il dito medio

Tutto già visto, un tracollo che non lascia presagire nulla di buono ma che anzi sembra solo la premessa di tempi ancora peggiori. L’Inter completa la sua settimana orrenda, iniziata con l’innocuo sfotto’ della Barilla, proseguita nella figura di merda contro la Juve, terminata col peggior derby giocato nell’ultimo lustro. Inutile girarci attorno, i problemi di questa rosa sono facilmente percepibili da molti, pur senza bisogno di seguire il corso di allenatori a Coverciano o di essere brillanti osservatori: il centrocampo. Il reparto portante di ogni squadra di questo maledettissimo sport, è proprio quello. Un allenatore che fa spendere 30 milioni per quello che non è di più di un valido mediano (Kondogbia), pagandolo come un estroso fantasista, e riempe di soldi un quasi trentatreenne brasiliano che ha come miglior risultato quello di aver eliminato la propria nazionale ai mondiali del 2010, è più che complice di tutto questo. I problemi dell’Inter non nascono da questo mese, come si può pensare dai recenti risultati, ma dall’aver costruito una squadra ignorando completamente di migliorare il reparto che da anni ne è l’anello debole, e dopo aver rinforzato attacco e difesa, era necessario farlo.

Di questa squadra si è elogiata la solidità che oggi, complice anche un momento poco brillante di forma, sembra essere venuta meno, e si è cercato a turno un responsabile per i pochi gol fatti, prima Icardi nel periodo autunnale, poi Jovetic, adesso Ljajic, e probabilmente il prossimo responsabile sarà Eder, che è anche l’ultimo arrivato. Quando è abbastanza chiaro che se i nostri giocatori non riescono a completare tre passaggi di seguito nella trequarti avversaria, allora il problema non può essere dovuto esclusivamente ai terminali offensivi. Venuta meno la stabilità difensiva, spesse volte mascherata dalle prestazioni eroiche di Handanovic e Miranda, siamo costretti ad assistere a partite nelle quali veniamo dominati dal primo all’ultimo minuto, come accaduto in Coppa Italia contro la Juve, o a riuscire nell’impresa sportiva di far sembrare uno dei peggiori Milan una squadra organizzata e solida, perdendoci 3 a 0. Va bene appigliarsi a tutto: la sfortuna, i bioritimi sfortunati di Yuto (che però non giocava), il palo sul rigore che sarebbe valso il pareggio, o un arbitro che ha graziato Alex già ammonito in occasione del rigore (e non solo), ma l’ultima mezz’ora disputata dall’Inter dovrebbe finire su un manuale per come non disputare i derby. La reazione della squadra semplicemente non c’è stata, anzi si è assistiti impotenti agli assalti dei rossoneri e alle sempre più incomprensibili giocate di Brozovic, coadiuvato nel finale da un ispiratissimo Melo (suo il bellissimo appoggio nel finale, in una zona dove c’erano solo maglie rossonere nel raggio di dieci metri).

L’artefice di questo disastro ha puntato il dito contro il direttore di gara, ma prendersela per determinati episodi arbitrali equivale a mettere la testa sotto la sabbia, e ignorare i problemi molteplici di una squadra ormai alla deriva. Cominciando da una formazione a trazione anteriore, col risultato di ritrovarsi come unico centrocampista di qualità Brozovic, che ormai dimostra di saper sbagliare ogni tipo di giocata, e Medel che in campo ci può mettere tutta la grinta che vuole, ma il suo contributo si ferma per l’appunto lì. In difesa si rivede Santon che non fa molto per nascondere di essere completamente spaesato in campo dopo mesi di panchina, e poi il tocco di classe: la fascia di capitano a Juan Jesus con licenza di battere i calci di punizione, sia mai che qualcuno di questi possa andare a buon fine.

E allora eccoci qua, a domandarci quale sarebbe stata la combinazione numerica migliore per forzare la non irresistibile difesa rossonera. 4-3-3? 4-2-3-1? 4-4-2? Oppure il 2-5-3, che a biliardino pare funzionare bene? Mancini ovviamente ha una sua risposta, variabile col passare delle ore nell’arco di una normale giornata, che ha reso l’Inter una squadra estremamente camaleontica, avendo ormai provato quasi tutti i moduli conosciuti, poi fa niente se questa sua inclinazione al cambiamento, ci abbia anche trasformato in un gruppo senza identità. Quello che per molti è stato ritenuto un punto di forza durante le vittorie di novembre e dicembre, è tornato indietro come un boomerang. L’imprevedibilità è una bella cosa, ma il non saper come stare in campo e avere una media realizzativa inferiore a quella di Empoli e Chievo sembra non aver molto a che vedere con ciò. Soprattutto se il tuo obiettivo è quello di raggiungere le prime tre posizioni. Già, le prime tre posizioni, quello che dovrebbe essere l’obiettivo primario di una squadra sconfessata pubblicamente dal tecnico dopo il pareggio col Carpi, e che ora ricomincia a vedere i fantasmi delle precedenti stagioni fallimentari. Mancini, molto bravo a non assumersi le sue responsabilità neanche di fronte all’evidenza, non può limitarsi a dire che questa rosa non è da terzo posto. Perché un allenatore conscio dei limiti di una rosa, dovrebbe per l’appunto cercare di correggerli, e non aspettare di perdere malamente la faccia contro le due rivali più odiate e svegliarsi la sera del 31 gennaio per capire che forse qualcuno a centrocampo si sarebbe dovuto prendere.

E invece si assiste al solito copione, interpreti di centrocampo monofasi o inaffidabili che si alternano, attaccanti potenzialmente validi (Ljajic e Jovetic) che giochicchiano tra loro diventando insopportabili, nel mezzo della mediocrità intravista dalla metà campo in su, è l’ultimo acquisto Eder l’unico ad aver mostrato sprazzi di decenza sul campo. A Mancini altro non rimane che sfoggiare il suo consueto stile british, ovvero: insultare l’arbitro, farsi espellere, insultare i tifosi avversari e litigare con un po’ di giornalisti.

mancini dito medio

Mancini indica la luna, ma gli ingenui non hanno capito, e sono rimasti a guardare solo il suo dito medio.

Chi immaginava di vedere l’Inter lottare per il vertice della classifica fino alle ultime giornate ha ormai perso le speranze, ma la stagione non è completamente compromessa. Il terzo posto dista un solo punto (facciamo un punto e mezzo, visti gli scontri diretti favorevoli alla Fiorentina), purtroppo però bisogna fare attenzione anche a chi sta dietro e si avvicina minacciosamente, come la Roma. In settimana i nerazzurri avranno un doppio impegno non impossibile, mercoledì a San Siro con il Chievo, e domenica al Bentegodi con l‘Hellas. Parafrasando Pulp Fiction: “una reazione sarebbe carina”.

 

 

 

 

Alessandro

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Alessandro
L'esistenza del calcio è di per sé un male, l'esistenza dell'Inter rende questo male sopportabile. Portiere a tempo perso, devoto a Gianluca Pagliuca e Julio Cesar, interista da prima di imparare a leggere. Trascorro intere notti a domandarmi come l'Inter abbia potuto spendere dei soldi per Ricky Alvarez.

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